di Emanuele D’Innella e Alessandro Bigerna
Le misure di sostegno adottate dal Governo per supportare il settore imprenditoriale in questo delicato momento, stanno ora palesando in alcuni casi sintomi di incoerenza.
Nell’attesa di poterle esaminare nella loro efficacia a contrastare il negativo impatto economico che le imprese nostrane stanno subendo, è tuttavia evidente che, coloro i quali le hanno concepite, non avessero piena conoscenza della materia aziendalistica e, dunque, delle esigenze di un’impresa in difficoltà.
In questo contesto il riferimento è ai due principali interventi di sostegno introdotti dalla normativa emergenziale, ossia la moratoria sui finanziamenti in essere (art. 56 del D.L. n. 18 del 17/03/2020) e l’accesso a nuovi finanziamenti (art. 49) i quali, ad una prima valutazione, sembrerebbero più idonei a tutelare il settore bancario anziché quello imprenditoriale.
In riferimento alla moratoria – ossia la sospensione fino al 30.09.2020 delle rate relative a finanziamenti di medio lungo termine – la norma prevede che da questo beneficio siano escluse quelle imprese la cui posizione debitoria sia stata classificata come “posizione deteriorata secondo la normativa applicabile agli intermediari finanziari”.
Quest’ultima, in termini generali e per i non addetti ai lavori, prevede che le banche debbano classificare i propri attivi (quindi, anche i crediti erogati a favore delle imprese) tenuto conto del loro grado di rischio, quest’ultimo direttamente correlato alla difficoltà di rientro.
Tale previsione risponde ovviamente a criteri di vigilanza e di tutela del mercato del credito con la finalità di accrescere la stabilità del sistema finanziario, favorire l’accesso al credito e contenere il sovra-indebitamento.
La classificazione di questi crediti, che ricadono comunque nella categoria non performing, è suddivisa, a sua volta, in tre sotto categorie:
– le sofferenze, ossia quelle esposizioni verso soggetti in stato di insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili;
– le esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate, quindi esposizioni (diverse da quelle classificate tra le sofferenze o le inadempienze probabili) che sono scadute o eccedono i limiti di affidamento da oltre 90 giorni e oltre una predefinita soglia di rilevanza;
– le inadempienze probabili, ovvero esposizioni (diverse da quelle classificate tra le sofferenze) per le quali la banca valuta improbabile, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, che il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni contrattuali.
Mentre le prime due categorie (sofferenze ed esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate) palesano un evidente ed oggettivo stato di stress finanziario dell’impresa beneficiaria, in quanto i pagamenti in restituzione sono avvenuti in ritardo o non sono proprio avvenuti, trovando quindi ragionevole una loro classificazione tra le posizioni deteriorate, le inadempienze probabili, diversamente, prescindono da tali ipotesi.
Chiarisce infatti la normativa di settore che la classificazione in tale ultima categoria è innanzitutto il risultato del giudizio della banca [ ] operato in maniera indipendente dalla presenza di eventuali importi (o rate) scaduti e non pagati. Non è pertanto necessario attendere il sintomo esplicito di anomalia (il mancato rimborso) laddove sussistano elementi che implicano una situazione di rischio di inadempimento del debitore (ad esempio una crisi del settore industriale in cui opera il debitore).
Se tali disposizioni, comprese quindi anche le inadempienze probabili di cui ci si occupa, conservano una loro razionalità in un contesto fisiologico per le finalità già citate (tutela del mercato del credito con la finalità di accrescere la stabilità del sistema finanziario, favorire l’accesso al credito e contenere il sovra-indebitamento), a parere di chi scrive è stato invece un errore farvi generico riferimento nell’alveo della normativa emergenziale in esame, il cui primario obiettivo era proprio quello di sostenere il settore imprenditoriale in un momento unico, certamente non ordinario.
Le due disposizioni hanno dunque finalità completamente diverse: le prime sono volte a regolare e tutelare il mercato del credito; le seconde, di natura straordinaria, sono invece finalizzate a sostenere, per un periodo limitato, interi settori imprenditoriali duramente colpiti dall’emergenza in atto.
Ed infatti molte sono le imprese che, in questi ultimi giorni, si sono viste rifiutare l’invocata moratoria con l’addotta giustificazione che le rispettive posizioni risultavano classificate tra le “inadempienze probabili”, ancorché le medesime imprese fossero in regola con i rimborsi concordati con l’intermediario.
Nessun conclamato inadempimento dunque in questi casi, ma solo il giudizio autonomo della banca, come già visto non necessariamente limitato al merito di credito del singolo – quindi ai suoi comportamenti inadempienti – ma discrezionalmente esteso sino a valutare l’intero settore di appartenenza del debitore.
Stando così le cose, è dunque probabile che tutte le posizioni di quelle imprese appartenenti, ad esempio, ma è soltanto un esempio, al settore immobiliare – come noto, uno dei settori maggiormente colpito dalla crisi degli ultimi dieci anni – si trovino a loro insaputa classificate tra le inadempienze probabili, pur essendo riuscite, tra molte difficoltà, ad onorare gli impegni assunti verso il settore creditizio. Ed oggi queste imprese si vedrebbero negato il diritto alla moratoria prevista dalla citata normativa.
C’è da chiedersi, peraltro, quali siano i settori imprenditoriali che non abbiano subito il flagello della crisi che ha investito l’economia mondiale nell’ultimo decennio. Sicuramente molto pochi, e molto poche, dunque, saranno le imprese che potranno beneficiare della moratoria, paradossalmente senza averne alcun effettivo bisogno.
Un ulteriore elemento di criticità – qualora ve ne fosse ancora bisogno – risiede nella difficoltà di comprendere quando effettivamente tali posizioni debitorie siano state classificate dagli intermediari finanziari come inadempienze probabili. Siamo proprio sicuri che tale classificazione sia avvenuta ben prima dell’introduzione della normativa emergenziale? Questo Paese ci ha purtroppo insegnato che a pensar male spesso si indovina.
Non più fortunati appaiono gli atri interventi che consentono alle imprese di accedere a nuove ed agevolate forme di finanziamento.
È triste cronaca di questi giorni, infatti, che le banche trattengono parte di quei nuovi finanziamenti per risolvere e soddisfare posizioni pregresse del medesimo soggetto richiedente.
Sicché tutta quella liquidità (o buona parte di essa), che avrebbe dovuto essere destinata all’impresa per consentirle di “passare la burrasca”, finisce direttamente nelle tasche delle banche stesse. Un’aberrazione. Una follia che ci si augura trovi immediata censura.
E pensare che le stesse banche oggi hanno addirittura invocato la manleva penale per questi nuovi finanziamenti! Come a voler dire che in passato le banche abbiano erogato liquidità solo in favore di quelle imprese veramente meritevoli (!!!) Le evidenze a tutti note, e soprattutto a chi si occupa della specifica materia, sono purtroppo ben diverse.
Queste semplici considerazioni, avanzate da chi vive quotidianamente l’attività professionale al fianco delle imprese, dimostrano quanto sia delicata la funzione del Legislatore, soprattutto in un momento tumultuoso come quello che stiamo vivendo.
Disattenzioni come queste infatti – se così possono essere definite – rischiano di tradire e travolgere, in un preoccupante “effetto boomerang”, proprio quegli interessi che la stessa norma intendeva tutelare.
Non solo. Come ricordato anche dal Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo Federico Cafiero de Raho, l’esperienza storica maturata dal nostro bel Paese su episodi come il terremoto in Irpinia, l’edificazione di alcune aree della Sicilia o, ancora, l’emergenza rifiuti, evidenzia come il rischio di inquinamento mafioso dell’economia si rafforzi enormemente in momenti di sofferenza sociale ed economica.
Occorre quindi porre adesso la massima attenzione a questo pericoloso fenomeno per evitare, da un lato, che possano accedere alle forme di sostegno, soprattutto finanziario, schermi imprenditoriali al soldo delle organizzazioni criminali; dall’altro, che imprenditori seri e meritevoli, ma esclusi dai benefici emergenziali a causa di una disattenzione del Legislatore, per sopravvivere, finiscano per cadere intrappolati nelle maglie della criminalità organizzata.
Che lo Stato, dunque, faccia adesso sentire la sua presenza con controlli capillari e meticolosi sul territorio ma anche, e ancor prima, con norme chiare e comprensibili sia nella formulazione che negli intenti.
Perché nomi ben più illustri di chi scrive, in passato, hanno dimostrato che le organizzazioni criminali proliferano là dove lo Stato è assente.
Ignorare la nostra esperienza storica è forse l’errore più grande che potremmo commettere in questo momento.