Non è il primo contributo che dedichiamo al tema della “organizzazione aziendale” ma, tenuto conto delle recenti novità normative, prima codicistiche e poi in materia di crisi d’impresa, che hanno mutato e muteranno ancora l’attuale assetto imprenditoriale italiano, alcune ulteriori considerazioni appaiono più che mai opportune, quanto meno per sgombrare – dalla mente di alcuni imprenditori, se tali possano ancora definirsi – l’idea che i recenti interventi del legislatore, che impongono in capo alle imprese nostrane l’adozione di adeguati assetti organizzativi per la gestione dei propri affari sociali, non siano altro che un ulteriore costo da sostenere ex lege (in forza di una norma) e, quindi, al pari di una “tassa”, per l’avvio e la conduzione di un’attività imprenditoriale nel nostro Bel Paese. Un convincimento quest’ultimo che, si auspica, trovi immediata e ferma censura proprio dagli stessi attori che compongono il nostro tessuto imprenditoriale.
È quindi opportuno che, senza ipocrisie, sia valutata attentamente la ratio che ha accompagnato i recenti interventi normativi, di portata senza dubbio eccezionale.
L’adozione di assetti organizzativi adeguati per obbligo di legge, infatti, oltre che a consentire una più efficiente e corretta gestione degli affari sociali ed una tempestiva emersione di un’eventuale stato di crisi di un’impresa, avrà il conclusivo effetto di armonizzare il mercato.
E seppur pacifico che dotare la propria impresa di un assetto organizzativo adeguato comporterà il sostenimento di costi, in molti casi mai preventivati ma comunque adeguati alle dimensioni e all’oggetto dell’impresa, è altrettanto vero che le novelle normative porteranno ad una graduale esclusione dal mercato di quelle imprese e, quindi, di quegli imprenditori, che non avranno la possibilità o la lungimiranza di adeguarsi ad esse.
In sostanza, si avvierà naturalmente un graduale ma, ci auguriamo, rapido processo di allontanamento dal mercato di quelle imprese che hanno operato sino ad oggi esercitando, di fatto, una concorrenza sleale, attraverso l’autofinanziamento derivante dal non assolvimento dell’onere fiscale, ad esempio, oppure dalla non osservanza delle norme in materia di sicurezza del lavoro ed in materia di reati ambientali che, di fatto, hanno consentito a tali imprese di comprimere innaturalmente ed illegittimamente la propria struttura dei costi riuscendo così ad offrire il proprio prodotto o servizio a prezzi più contenuti e, quindi, più competitivi.
Tutto ciò, entro poco tempo, non sarà fortunatamente più possibile.
L’obbligatorietà dell’adozione di un adeguato assetto organizzativo non consente più, o quanto meno renderà più difficoltoso, aggirare quelli che “presunti imprenditori” considerano ostacoli ma che per gli Imprenditori, invece, rappresentano un’opportunità.
Un’opportunità derivante dalla consapevolezza di esercitare la propria attività in modo più corretto, salvaguardando la sicurezza dei propri dipendenti, dell’ambiente in cui viviamo ed in cui vivranno i nostri figli ed i nostri nipoti, contribuendo al benessere collettivo attraverso una puntuale e corretta pianificazione fiscale e, soprattutto, con la certezza che a nessuno sarà più concesso, a pena di gravi e pesanti conseguenze, di “giocare sporco”.
Non vuole certo essere questa la ricerca di un mercato “perfetto” – che pensatori ben più illustri prima di noi hanno già concluso non esistere – ma, senza dubbio, l’inizio di un percorso che avvicinerà gli imprenditori ad un’idea di mercato più giusto ed equo ed ove, a parità di condizioni, ciò che conterà veramente sarà solo l’appetibilità del prodotto o la validità del servizio offerto.
L’adozione di un modello organizzativo adeguato quindi consentirà la compressione e graduale eliminazione di quei rischi (fiscali, ambientali, giuslavoristici) che nulla hanno a che fare con il vero rischio d’impresa che, in termini semplicistici, può essere ricondotto a ciò che si produce o al servizio che si offre ed a cui, gli stessi Imprenditori prima citati, potranno ora finalmente dedicare tutte le loro energie.
Quanto può valere tutto questo?
Non vale forse il compenso di una valida figura professionale che aiuti l’impresa ad operare in economicità e nella legalità? Non vale forse la spesa (minima) per dotare l’impresa di un sistema di controlli e procedure adeguato? Non vale forse il costo di scarpe e caschi conformi alla normativa antinfortunistica?
A nostro sommesso avviso, senza alcun dubbio.
E le imprese che non potranno onorare tali nuovi “costi” sono imprese destinate naturalmente a dissolversi perché imprese che, sino ad oggi, hanno operato nell’illegalità e con effetti distorsivi sul mercato.
E quelle imprese che vorranno entrare nel mercato dovranno necessariamente preventivare ed inserire nei rispettivi business plan tali “costi” e, solo successivamente, valutare l’effettiva redditività e, quindi, fattibilità del proprio progetto imprenditoriale a cui, diversamente, dovranno opportunamente rinunciare.
Che ci sia consentita una parafrasi: per anni è stato permesso alle imprese di giocare su un campo di calcio in pozzolana, senza linee delimitanti, con porte senza reti, né regole. Adesso il legislatore ha piantato l’erba più fina, dotato le porte delle reti più resistenti ed assoggettato tutti i giocatori alle stesse regole. Ciò che consentirà ad una squadra di vincere sarà solo il talento dei giocatori unitamente alla bravura dell’allenatore nel valorizzare le proprie risorse attraverso un efficiente sistema organizzativo.
Quella che attende il nostro tessuto imprenditoriale negli anni a venire sarà dunque una partita impegnativa ma comunque, finalmente, una partita leale.