In arrivo il nuovo codice della crisi d’impresa
Il testo del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 febbraio 2019. Molte le cose che cambiano per l’imprenditore, ma vediamo insieme da vicino cos’è la crisi d’impresa e che cosa cambia con il nuovo codice.
Che cos’è la crisi d’impresa
La crisi d’impresa rappresenta un momento successivo al declino di un’impresa e si traduce in gravi carenze sul piano dei flussi finanziari sotto forma di crisi di liquidità, difficoltà nell’accesso al credito e perdita di fiducia degli stakeholders aziendali.
Nei casi più gravi la crisi è destinata inevitabilmente a sfociare nell’insolvenza, ovvero nell’incapacità di soddisfare regolarmente le obbligazioni assunte, e nel dissesto finanziario che rappresenta una condizione permanente di squilibrio patrimoniale
Una buona strategia, per evitare che un’azienda sia impreparata nel gestire una crisi, è quella di investire nel crisis management, ossia il processo con il quale un’organizzazione fronteggia una situazione potenzialmente dannosa per le prestazioni e la fama aziendale, attraverso l’impiego di alcune pratiche che possano così prevenire, gestire e sedare gli esiti svantaggiosi della crisi.
La gestione delle crisi aziendali avrà come obiettivo il monitoraggio e la prevenzione delle potenziali minacce, guidando l’azienda attraverso una reazione consapevole, pronta ed efficace.
Le fasi che compongono il processo di crisis management sono tre:
- Ricerca e monitoraggio: È la prima parte del processo e riguarda l’analisi dell’ambiente aziendale, gli sforzi sono diretti a individuare eventuali punti deboli che possano intaccare l’integrità degli affari. Una volta individuate le criticità, si potrà concepire un piano di gestione della crisi.
- Risposta e adattamento: La seconda fase sarà incentrata sulla reazione dell’azienda, ci si atterrà al piano anticrisi ma sarà importante anche l’adattamento ad eventuali nuove criticità non preventivate durante crisi e monitoraggio.
- Ripresa: Nell’ultima fase del processo, l’obiettivo sarà quello di riportare l’azienda nello stato pre crisi, cercando di ridurre al minimo gli eventuali danni subiti.
Le conseguenze che solitamente riguardano le crisi aziendali sono legate ad un calo di vendite, ad una strategia di marketing poco valida ed alla capacità dei competitors di sapersi accaparrare più clienti.
Un imprenditore che avrà come obiettivo basilare la salute della propria attività dovrà dedicare tempo e risorse nelle attività di crisis management, mettendo la sua azienda nelle condizioni migliori in cui poter affrontare i diversi scenari di crisi che potrebbero coinvolgerla.
Quali sono gli eventi negativi che più comunemente possono causare una crisi aziendale? Vediamoli insieme:
- Eventi naturali: Tempeste, terremoti o epidemie sono avvenimenti che possono danneggiare le infrastrutture o mettere in pericolo di vita i dipendenti.
- Azioni criminali: Tentativi di sabotaggio o attacchi criminali possono mettere in cattiva luce l’azienda, la quale dovrà farsi trovare preparata nel difendersi da accuse e menzogne.
- Errori umani: Imprecisioni, sviste, sbagli da parte di dipendenti e manager, che possono minare la sicurezza generale dell’elemento umano all’interno dell’azienda, oppure investimenti scriteriati che risulteranno insostenibili per l’azienda, con effetti economici molto negativi per la salute del marchio.
- Guasti tecnici: Malfunzionamenti della struttura che ospita il brand, quali guasti energetici o informatici, che influiranno quindi in modo negativo sulla produzione.
- Mancata innovazione: Non saper innovare e rinnovarsi potrebbe causare non pochi problemi, soprattutto nei settori tecnologici, dove la corsa al prodotto più originale è sempre aperta.
- Cattiva comunicazione: Un marketing poco efficace, o che arrivi a toccare argomenti controversi, nel primo caso potrebbe causare guai seri all’azienda, ponendola in secondo piano rispetto al mercato, mentre nel secondo scatenare polemiche (oggi inevitabilmente sui Social Media) di difficile gestione.
- Conflitti: Incidenti sul lavoro, precariato, rapporto con i sindacati. Sono tutti elementi che possono minare la serenità aziendale e la percezione di essa da parte dei clienti, generando conflitti interni e polemiche esterne.
Cercare di elencare qualsiasi punto debole, presente o potenziale, che possa comportare rischi per la società sarà dunque l’obiettivo della strategia di crisis management, formando i soggetti che compongono l’organizzazione e permettendo loro di saper intervenire e reagire in caso di crisi aziendale: in questo senso, l’attribuzione preventiva di ruoli e compiti da svolgere risulterà di fondamentale importanza, in modo tale che tutti sappiano cosa fare e come farlo.
Nella vita di ogni organizzazione, molto probabilmente prima o poi si verificherà una situazione di crisi, e ciò che farà la differenza tra un’azienda gestita in modo vincente, sano ed efficace rispetto ad una improvvisata, sarà il modo in cui la crisi verrà approcciata, gestita e comunicata. Il crisis management è dunque fondamentale per un imprenditore che abbia una visione a 360° del proprio business, in quanto elemento strategico in grado di definire il successo o il fallimento di un brand.
La nuova riforma
La riforma della crisi d’impresa è ormai prossima alla sua concreta attuazione con l’emanazione del Decreto Legislativo recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Le novità sono molte ed il loro impatto, sulla vita imprenditoriale del nostro Paese, potrebbe essere sensazionale. Saggiamente è stato quindi previsto che la maggior parte delle norme del nuovo Codice entrino in vigore trascorsi 18 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Un cambiamento di portata straordinaria, opportuno quanto necessario per consentire un’adeguata valutazione degli aspetti più tecnici della riforma (si pensi ad esempio agli indicatori della crisi) e per garantire ad imprenditori, professionisti ed istituzioni pubbliche l’acquisizione di una graduale familiarità con le nuove regole.
Tra queste meritano senz’altro attenzione quelle dedicate a:
- Procedure di allerta
- Composizione assistita della crisi
Entrambe emanate nel rispetto delle indicazioni dell’Unione Europea e volte a consentire, da un lato, alle imprese sane in difficoltà finanziaria di ristrutturarsi, evitare l’insolvenza e proseguire l’attività e, dall’altro, concedere nuove opportunità agli imprenditori virtuosi che falliscono, così elevando a valore il buon governo d’azienda. A quest’ultimi, spetterà infatti l’immediato dovere “[ ] di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa [ ]”.
Un tema dunque, quello dell’adeguata organizzazione aziendale, che viene finalmente riconosciuto come uno strumento essenziale e funzionale, oltre che ad una consapevole e corretta gestione, anche ad una tempestiva rilevazione della crisi.
E senza dubbio, organizzare correttamente la propria impresa, vuol dire possedere quelle capacità imprenditoriali che questa riforma si promette di tutelare. Disattendere invece tale norma, non dotandosi di quell’organizzazione in grado di individuare e gestire per tempo una crisi momentanea, attivando le prescritte procedure d’allerta, comporterà per l’imprenditore un aggravio delle responsabilità, anche di natura penale, in caso di successiva insolvenza.
Ma la tempestiva rilevazione di uno stato di crisi non è più responsabilità del solo imprenditore. Saranno ora chiamati a “vigilare” anche i creditori pubblici qualificati (AE, INPS, AER) che dovranno richiedere in primis all’organo amministrativo dell’impresa che si attivi immediatamente per la risoluzione della crisi, per poi rivolgersi, in caso d’inerzia o inadeguato riscontro, all’OCRI, segnalando il mancato pagamento di debiti, per importi non sempre significativi.
E l’organo di controllo ed il revisore legale dei conti, ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni – la cui nomina è ora d’obbligo anche per quelle imprese che presentino un fatturato o un attivo patrimoniale maggiore di Euro 2.000.000,00 o abbiano nel proprio organico appena 11 dipendenti – saranno chiamati anch’essi ad intercettare i segnali di crisi e segnalarli tempestivamente all’organo amministrativo per le necessarie iniziative ed, in caso d’inerzia, all’OCRI. Solo così potranno beneficiare (sindaci e revisori) dell’esonero dalla responsabilità solidale per le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni o azioni poste in essere dall’organo gestorio al verificarsi della crisi aziendale.
A prima vista questi nuovi limiti imposti dal codice possono apparire eccessivamente stringenti, ma la ragione va sempre individuata nell’intento di favorire l’emersione e la gestione tempestiva della crisi anche e soprattutto nelle aziende di piccole e medie dimensioni che costituiscono il tessuto imprenditoriale del nostro Paese.
Il messaggio, in fin dei conti, è chiaro: se un’impresa è adeguatamente organizzata e, quindi, i suoi rischi correttamente presidiati, essa non potrà fallire improvvisamente. Questo è fare bene impresa; questo vuol dire, oggi, essere imprenditori.